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La digital transformation secondo Marco Magnaghi, CDO di Wavemaker Italy

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In occasione del lancio di Acceleration Italia, nuovo volto della unit di GroupM – GroupM Consulting  – Marco Magnaghi è stato invitato da Giovanna Loi – Chief Digital Officer GroupM – a salire sul palco insieme a Erik Rollini – Managing Director di Mediacom Italy – e Erik Rosa – Chief Digital Officer di Mindshare Italy – per raccontare le barriere che rischiano di sabotare la digital transformation in azienda.

Magnaghi ha affrontato i primi due aspetti nodali: da un lato i processi decisionali sul breve e lungo termine e dall’altro l’organizzazione a “silos”.

“Tutti noi avevamo un’agenda di trasformazione digitale che prevedeva vari obiettivi, tra cui il rifacimento del sito e tecnologie annesse, data strategy, targettizzazioni più precise e una misurazione più accurata Ma i fattori esogeni (pandemia ndr) hanno forzato verso un cambio di rotta che ha determinato l’accelerazione dell’ecommerce e l’issue della data privacy secondo le direttive del Garante tra gli aggiornamenti più urgenti”. 

Tutto questo ha provocato un disallineamento tra la visione di lungo termine e quella più urgente di breve termine, con la conseguente generazione di due velocità diverse e competenze altrettanto diverse. Secondo Magnaghi, in particolare, a impedire o rallentare la costruzione di una visione unitaria che guidi la trasformazione è innanzitutto la mancanza di una cultura organizzativa in azienda. Per favorire la traslazione serve che tutti i dipartimenti lavorino all’unisono – in particolare le aree digital, tech e business – che tendono a mettere in atto comportamenti tra loro distanti. Da un parte la unit digital si focalizza spesso sull’esecuzione nel breve periodo con una sperimentazione pervasiva sui cosiddetti shiny objects, mentre quando la trasformazione è affidata all’ambito tecnico si ragiona in maniera più rigorosa e con tempistiche conseguentemente più lunghe. Se invece la trasformazione è guidata dal business l’alert è di non riuscire a portarsi a casa il cambiamento causa attenzione spasmodica a ciò che può portare risultato nell’immediato.

A compendio della premessa di cui sopra, Magnaghi individua tre aree di miglioramento su cui è importante che le aziende si concentrino :

  • Business outcome: se è vero che ogni attività deve generare un risultato di vendita è importante che lo faccio attraverso una misurazione attenta e sfumando quanto più possibile i confini tra i dipartimenti coinvolti.
  • Corporate roadmap: se esistono ed esisteranno sempre piani focalizzati sulla singola disciplina, lo sforzo da mettere in atto è allinearli in un masterplan che permetta di capire quali sono le aree di sovrapposizione e quali quelle scoperte e che necessitano di essere presidiate maggiormente. Non è un caso che sempre più spesso negli organigrammi vengano introdotte le figure dei PMO, in grado di integrare le diverse agende. L’allineamento organizzativo, insieme al fattore tempo, è una chiave di volta strategica nel percorso di trasformazione digitale.
  • Competenze crossfunzionali: la richiesta di formazione sempre più insistente testimonia la necessità forte di professionalità T-shaped, specializzate in un ambito di riferimento ma in grado di parlare più lingue. La formazione da sola non risolve l’issue, a fare la differenza è la contaminazione di funzioni e compiti che deriva dal lavoro “gomito a gomito”. Per questo motivo quello della job rotation è un fenomeno sempre più frequente in tutte le realtà e da assecondare con continuità.

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