C’è stato un tempo lontano, talmente lontano che il COVID-19 non era ancora nei nostri radar, in cui tutti volevano usare la propria voce per comandare gli oggetti di casa. Era il 2019, l’anno del boom degli assistenti vocali. Alexa, Google Assistant, Siri e tutti i loro seguaci dominavano le conversazioni tech, promettendo di rivoluzionare il modo in cui interagiamo con la tecnologia e il modo in cui le aziende avrebbero comunicato ai clienti; si parlava di voice SEO, Alexa Skills e di case intelligenti più dei padroni. Le previsioni erano rosee: un futuro in cui avremmo controllato la domotica, ordinato cibo e gestito la nostra agenda con la sola voce.
Tuttavia, l’entusiasmo iniziale si è scontrato con la realtà. I numeri non mentivano: l’utilizzo degli assistenti vocali era inferiore alle aspettative, le interazioni risultavano spesso frustranti e gli utenti iniziarono presto a disinnamorarsi dei loro assistenti demandandoli a semplici riproduttori di musica.
Ma un giorno tutto è cambiato, nuovamente.