Dapprima argomento confinato ai circoli di marketing e digitale, da qualche giorno il fenomeno Clubhouse sta invadendo le cronache della stampa generalista.
Il nuovo social network basato esclusivamente sulla voce, nato ad aprile 2020, è infatti al centro di un velocissimo sviluppo che lo ha portato a quota 6 milioni di utenti nel giro di poche settimane, con una crescita esponenziale limitata solo dal meccanismo di iscrizione su inviti e dal sistema operativo IOS (dalla versione 13 in poi).
Clubhouse è un social network dove il contenuto è esclusivamente vocale e che potremmo paragonare a una radio o a un gruppo aperto su Whatsapp.
I fattori di successo di Clubhouse sono ascrivibili a tre motivi principali:
Sicuramente, anche la modalità di iscrizione e l’effetto esclusività ne sta determinando il successo. Gli inviti, dapprima realmente centellinati, ora si stanno diffondendo rapidamente, nonché la possibilità di trovare personaggi noti con cui scambiare opinioni. Il meccanismo ricorda un po’ quello di “aSmallworld”, nato nel 2004, con la caccia agli inviti del social dei VIP e High Net Worth Individual negli anni a cavallo tra il declino di MySpace e l’ascesa di Facebook.
Ci sono comunque degli aspetti delicati da considerare, quali la gestione dei dati e il controllo degli utenti:
Abbiamo capito, in poche settimane di osservazioni, che la partecipazione è semplice e più diretta di un podcast, serendipica ma anche time consuming. Siamo tutti mossi dalla curiosità di questi incontri del fine settimana o post serali (abbiamo incrociato anche qualcuno di voi) e iniziamo a chiederci quale possa essere la capacità di monetizzare tale attenzione.
Come sempre, gli autori più bravi saranno in grado di capitalizzare il loro talento. Clubhouse potrebbe infatti apparire più simile al modello di Patreon.com, basato su contenuti premium acquistati sotto forma di abbonamento o di singolo accesso; o ancora, potranno prevedere degli eventi a pagamento e/o la sponsorizzazione da parte di aziende.
Quale potrà essere il ruolo delle aziende? I brand potranno trovare una loro presenza? Dovranno avere una voce? E quale voce, quale identità sonora li caratterizzerà?
Poco prima della pandemia iniziavamo a porci queste domande: se il podcast dà voce ai brand, quale dovrebbe essere? Chi dovrebbe parlare? Voice strategy e sound design sono trend crescenti, soprattutto considerando l’evoluzione del Conversational Commerce quale naturale estensione dell’eCommerce, come raccontavamo già nel 2018. Alcuni brand hanno già iniziato a lavorare sul loro posizionamento vocale, come ha fatto Mastercard.
Tornando ai social network e a Clubhouse in particolare, i brand potrebbero delegare completamente la propria esistenza a content creator che potrebbero curare approfondimenti dedicati ai brand: il futuro della mobilità, sponsorizzato da un brand dell’auto; un magazine vocale dedicato alla cucina, promosso da una azienda alimentare; un premium club di investitori sostenuto da una banca, etc.
Prevedere il futuro è complicato, ma ci sono alcune previsioni che è possibile ipotizzare pensando alla fisica. Secondo l’azione filtrante dei sistemi lineari del 2° ordine (in effetti potremmo parlarne su Clubhouse in una stanza con professori di fisica), un sistema lineare muta in modo proporzionale all’intensità con la quale è stato sollecitato, e torna allo stato iniziale in funzione della sua inerzia.
Su questo principio, Gartner utilizza il suo celebre Hype Cycle per descrivere le tecnologie in crescita, quelle in calo e quelle che hanno raggiunto una loro maturità. Tradotto: in questo momento storico, il nostro sistema “social” è particolarmente sensibile alle novità e presenta una bassissima inerzia: si generano hype rapidissimi (e che si assorbono con la stessa velocità) come House Party, altri che tendono a consolidarsi come sta avvenendo con Tik Tok e Twitch.
Clubhouse è in fortissima crescita e Twitter sta rispondendo con la sua tecnologia Spaces: non sappiamo se e cosa rimarrà dopo questa novità ma è certo che sta facendo riflettere tutti sull’evoluzione del ruolo dei contenuti, come dare letteralmente voce ai brand, come farsi supportare dai Content Creator, come i brand devono fare evolvere la gestione dei loro touchpoint.
Ci aspettavamo il nuovo corso vocal lato search; la vera e improvvisa accelerazione sta invece arrivando dal mondo social?
Marco Magnaghi
CDO