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Come si comunica ai tempi del Covid-19?

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Tempi difficili

Comunicare durante una crisi economica potrebbe rivelarsi invece la scelta più smart che un’azienda possa fare, consentendole di uscire più velocemente dalla crisi

L’improvviso arrivo nelle nostre vite della Covid-19 ha drasticamente modificato la modalità di fruizione dei mezzi di comunicazione da parte dei consumatori e condizionato le loro modalità di acquisto di beni e servizi.

La risposta delle aziende

Le aziende devono adattarsi alla situazione, trovando un modo differente per comunicare con i consumatori o semplicemente scegliendo di fermare la pubblicità per non apparire come opportunisti che cercano di sfruttare a proprio vantaggio la situazione attuale di emergenza sanitaria.

Molte aziende stanno scegliendo di ridurre o addirittura sospendere gli investimenti pubblicitari, ma per molte potrebbe essere invece il momento di investire massicciamente in advertising.

Ma comunicare durante una crisi economica potrebbe rivelarsi invece la scelta più smart che un’azienda possa fare, consentendole di uscire più velocemente dalla crisi, avvantaggiandosi sui competitor, compiendo quindi una scelta che verrà ripagata sicuramente nel medio e lungo periodo.
Ovviamente per alcuni brand e settori ridurre o azzerare gli investimenti in pubblicità rimane l’unica possibile opzione, e sarà una scelta che ogni azienda si troverà ad affrontare e discutere con i propri partner e consulenti.

L’obiettivo di questo POV è di fornire, ripercorrendo varie analisi fatte sulle crisi economiche passate, spunti di riflessione utili alle aziende per ponderare le proprie scelte di investimento in comunicazione durante il periodo di pandemia Covid-19.

“Investire nella pubblicità in tempo di crisi è come costruirsi le ali mentre gli altri precipitano”

Steve Jobs

Imparare dal passato

Il passato ci insegna che ridurre o interrompere la comunicazione durante un periodo di recessione non è la soluzione più prudente da adottare in un momento di crisi economica.

La comunicazione per trarre vantaggio dalle crisi
Numerosi sono gli esempi di brand che hanno saputo trarre vantaggio dalle diverse crisi economiche dell’ultimo secolo.

  • Già durante la grande depressione del 1929 Kellogg’s ha raddoppiato i suoi investimenti media aumentando i ricavi del 30% diventando il leader di mercato.
  • Durante la crisi del 1990-91 Pizza Hut e Taco Bell hanno approfittato del calo degli investimenti di McDonald’s, leader del mercato, per aumentare le loro vendite rispettivamente del 61% e del 40%.
  • Di recente, all’apice della recessione del 2008, Procter & Gamble ha aumentato l’investimento in TV per Bounty, leader del mercato, guadagnando due ulteriori punti di Market Share.

Anche vari istituti di ricerca hanno condotto delle analisi sull’argomento:

  • American Business Press ha analizzato 143 aziende durante la crisi economica del 1974-1975: quelle che hanno investito in advertising durante gli anni di crisi, hanno visto le maggiori crescite in sales e fatturato sia durante la recessione, che nei due anni successivi.
  • McGraw-Hill Research, analizzando più di 600 aziende B2B nel periodo della recessione negli Stati Uniti dal 1980 al 1985, evidenzia chiaramente che quelle che hanno continuato a comunicare tra il 1981 e il 1982, in piena recessione, hanno visto crescere il loro business del +256% rispetto a quelle che avevano smesso di comunicare.

I numeri a supporto

Kantar Millward Brown, in un’analisi svolta nel 2018, ha evidenziato come il taglio in comunicazione o il totale off-air possano impattare negativamente sulle metriche di brand già nei primi 6 mesi, in maniera evidente sulla Total Brand Communication Awareness, sugli indicatori di brand equity (‘key Image’)
ma anche su indicatori più legati al consumo
(‘Buy most often’ o ‘Trial’). – FIG.1

L’assenza di comunicazione per lunghi periodi infatti, potrebbe danneggiare il brand al punto da impattare negativamente sulla Market Share. Peter Field nel 2008 pubblicò i risultati del suo studio “Marketing in a downturn: lessons from the past”, concludendo che i brand che riducono la propria Share of Voice, ovvero la quota di comunicazione all’interno della categoria, hanno una perdita in termini di Market Share.
Ne deduciamo quindi che tagliare o ridurre il budget in comunicazione rispetto ai propri competitor espone ad un maggior rischio di perdita di quota. – FIG.2

I lunghi periodi di off-air impattano negativamente sulla salute del brand, ma anche ridurre il budget media non sembra essere una strada sicura.

Uno studio condotto da TiVo su 15 aziende FMCG che hanno ridotto l’investimento in comunicazione fino al 25% tra il 2013 e il 2014, evidenzia che di queste, 11 (73%) hanno registrato risultati negativi sul business: per ogni dollaro non investito in adv, l’impatto è stato di 3x in mancato fatturato.

E una volta che la decrescita è iniziata, diventa sempre più difficile recuperare.
I risultati presentati da Advertising Research Foundation (ARF) e Millward Brown mostrano chiaramente che è più difficile e oneroso recuperare i punti persi in Brand Equity e Market Shares a fronte di un taglio in comunicazione, che mantenere questi KPI stabili con un modesto investimento. – FIG.3

Investire per il futuro

Continuare a investire è fondamentale per garantire la crescita nel medio lungo periodo.

L’unica strategia in grado di garantire una crescita nel medio lungo periodo per i brand è mantenere gli investimenti in comunicazione. Millword Brown ha analizzato i dati di tracking di tutti i suoi clienti, individuando una chiara tendenza: i brand in crescita, sono brand che hanno una Share of Communication in crescita, e maggiore è questa crescita, maggiore è il risultato ottenuto in Market Share.
La comunicazione, infatti, ha un impatto moltiplicatore, che richiede un livello minimo di spesa per poter attivarne l’effetto: continuare ad investire in comunicazione è il modo migliore per assicurarsi questo effetto di lungo periodo.

Specialmente in tempi di crisi e recessione.

Una riduzione degli investimenti in comunicazione durante una recessione è sempre associata a vendite decrescenti e debolezze nei KPI di Brand Equity nel lungo periodo.

Malik PIMS ha analizzato i risultati di 1.000 brand durante le passate crisi economiche per identificare le migliori strategie da adottare per limitare gli impatti negativi sul business. Analizzando l’andamento del ROCE (Return on Capital Employed) e le variazioni in Market Share durante i primi 2 anni di recupero post recessione, viene dimostrata l’esistenza di un collegamento diretto con l’investimento in comunicazione: un incremento del budget media è sempre accompagnato da un risultato di business in crescita nel lungo periodo.

Altre motivazioni oggettive

Numerose fonti concordano sull’esistenza di molteplici e ragionevoli argomentazioni a sostegno della comunicazione nei periodi di crisi:

  • La comunicazione è generalmente meno costosa e quindi più efficiente
  • Il potenziale silenzio dei concorrenti consente di ottenere valori di Share of Voice non raggiungibili in un normale contesto di mercato
  • Evitare i periodi di off-air permette di mantenere alta la percezione del brand nella mente dei consumatori

“In good times, people want to advertise, in bad time, they have to”

Bruce Barton

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