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Il retail cambia ancora passo

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Walmart ha annunciato il lancio di una DSP proprietaria in collaborazione con The Trade Desk.

Una notizia che in realtà non giunge come un fulmine a ciel sereno. Da tempo infatti il gigante del retail aveva creato una divisione Media (Walmart Media Group) con lo scopo di valorizzare i propri asset di comunicazione sia online che offline, dimostrando di prendere molto seriamente da un lato l’evoluzione dei processi d’acquisto dei propri clienti, dall’altro la competition dei marketplace digitali (e di Amazon in particolare).

Su questa stessa traccia, da un anno il colosso americano aveva intrapreso un percorso per portare la sua offerta media al “next level” testando la soluzione della DSP proprietaria in parallelo con Xandr e appunto con The Trade Desk.

A parte Walmart, non è da ieri che il retail ha cominciato a comprendere il potenziale dei dati su cui sta seduto: ad esempio a fine 2017, il retailer francese Casino aveva creato RelevanC, una repository di 50 milioni di individui, con relative abitudini di acquisto e 1.100 segmenti, che potevano essere “venduti” agli advertiser per meglio targetizzare le proprie campagne.

Ma qui si va oltre.

Il varo di una piattaforma tecnologica proprietaria per la gestione dell’ADV sulle proprie property partendo dai dati di prima parte trasforma Walmart in una “closed loop omnichannel media company”, per citare la stessa azienda, cioè un walled garden.

A pensarci bene questo non solo rappresenta una logica evoluzione delle cose, perché il retail in generale è un walled garden ante litteram, fin da quando negli anni 90 ha introdotto le carte fedeltà e dato il via all’evoluzione del CRM e dello shopper marketing di oggi. Ma questo evento arriva con un tempismo a dir poco svizzero considerato che il 2021 segnerà la fine dei cookie di terza parte, mettendo, come sappiamo, tutti i proprietari di dati di prima parte in una posizione privilegiata rispetto agli scenari evolutivi del marketing digitale, a maggior ragione se i dati in questione sono tanti.

Nel raccontare questa novità Walmart parla di diversificazione delle proprie linee di revenue, oltre che di prospettive ambiziose, come far crescere questa attività fino a diventare una delle prime 10 piattaforme pubblicitarie negli Stati Uniti nel corso dei prossimi anni.

Tuttavia, per quanto a Walmart possa interessare espandere la quota di revenue derivata dall’ADV (al momento pari solo all’1% del totale vs il 6% di Amazon), non è questo il principale motivo che ha spinto il colosso mondiale del retail a intraprendere il percorso di sviluppo di una propria piattaforma media.

La decisione di creare un sistema chiuso e omnichannel di comunicazione va vista piuttosto come un passo decisivo e ulteriore nella battaglia per la loyalty, che negli ultimi 10 anni è stata sempre più influenzata dalla digitalizzazione e dall’omnicanalità.

La battaglia per la loyalty sta caratterizzando il retail ormai da ere:

  • Anni ‘90: l’era dell’XL, delle grandi superfici e dell’ampiezza e profondità dell’assortimento.
  • Anni 2000: l’era della CX (Customer Experience), con la nascita dei primi concept store, la riduzione delle superfici, le carte fedeltà e il CRM, l’affermazione delle Private Lable.
  • Ultimi 10 anni: sono stati quelli di una progressiva evoluzione dalla CX verso la PX (Personal Experience), guidata dalla digitalizzazione e dall’avvento di un consumatore omnichannel.

Il Covid non farà che accelerare questo percorso, perché l’aumento discontinuo della penetrazione dell’e-commerce  restituirà al mondo, al termine della pandemia, un parco di consumatori desiderosi di tornare all’esperienza di acquisto fisica, ma nel frattempo più digitalizzati.

Ecco il vero obiettivo di Walmart dunque: costruire il suo “point of difference” sostenibile, basandolo non sulla scala, laddove sarebbe perdente verso un competitor nativamente globale come Amazon, bensì sull’esperienza realmente omnichannel, che solo chi coniuga touchpoint digitali e fisici riesce a garantire.

Dice infatti Janey Whiteside, Walmart Chief Customer Officer: “Walmart ha sempre connesso i propri clienti con le marche che amano e ora ha la capacità di offrire una piattaforma che migliora questa connessione su scala. Abbiamo costruito un modello di business che in qualità di “closed loop omnichannel media company” può rendere ai nostri  clienti un servizio senza pari. Espandendo la nostra offerta in questa direzione creiamo valore misurabile allo stesso tempo per i nostri clienti e per i nostri partner , nel nostro ecosistema e oltre”.

Pare quindi evidente che la creazione della DSP proprietaria risponda innanzitutto allo scopo di creare un ecosistema esperienziale, in grado di fidelizzare i propri clienti attraverso l’experience e secondariamente, ma questo ne è una derivata, diventare una piattaforma ideale di comunicazione per le marche partner.

L’implicazione che le aziende del retail possono trarre dalla case di Walmart è che muoversi in anticipo per creare un vantaggio competitivo sostenibile diventa cruciale.

È necessario innanzitutto capire dove ci si trova nel percorso di creazione di una connessione solida con i propri clienti.

In Wavemaker pensiamo che questo trovi un suo indicatore sintetico e indagabile nel così detto “priming bias” che indica la “propensione inconsapevole” verso una marca.

Da una recente indagine di Momentum (ricerca proprietaria di Wavemaker) abbiamo desunto che alcuni settori del retail sono più avanti nella creazione di questo vantaggio misurabile: infatti il priming bias è in media del 60% nel Grocery vs 46% del Furniture e il 31% dell’Apparel. Questo indicatore è misurabile a livello di singola marca.

La seconda considerazione è che fino a oggi il retail ha potuto lavorare sulla loyalty con strumenti di marketing più o meno tradizionali. Ma il percorso di Walmart insegna che la creazione di un valore di marca per il retail passa necessariamente attraverso la creazione di un ecosistema che sfrutti l’oro dei dati di prima parte per ingaggiare e fidelizzare i propri clienti. Evidentemente non tutti hanno la scala per puntare a mettersi in casa degli asset proprietari, ma certamente esistono ipotesi di lavoro alternative per farlo e la transizione verso un mondo post cookie rende questo un tema pressante, su cui Wavemaker ha già cominciato a fornire consulenza ai propri clienti.

Non sappiamo se il lancio di Walmart Connect possa autorizzare a proiettare scenari più o meno probabili, come il possibile allargamento dell’arena competitiva digitale ad attori inaspettati e non nativi digitali; di sicuro sappiamo che da oggi la terza era del retail, quella della Personal Experience, conosce una fase di ulteriore accelerazione. I retailer sono i nuovi media e i media i nuovi retailer.  In questo contesto di crescente contaminazione urge muoversi rapidamente per non farsi lasciare indietro.

Francesco Riccadonna
General Manager

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