La sfera “diversity, equity, inclusion” (DEI) sta diventando cruciale per i brand che vogliono fare la differenza nel mondo, non soltanto sul mercato. Non più i vuoti slogan legati alle vecchie attività di Corporate Social Responsibility, ma azioni tangibili per prendere posizione su temi importanti. D’altronde il 74% degli italiani chiede alle marche azioni concrete, mentre il 64% sostiene di volere brand che agiscano sui temi dei diritti civili e dell’uguaglianza di genere (dati Osservatorio Civic Brands, 2023).
In quest’ottica, le tecnologie del web3 e del metaverso possono avere un ruolo fondamentale. Ed è importante parlare ora perché questo è il momento di costruire la prossima versione di internet, una rete più attenta alle differenze e più inclusiva. Quella che abbiamo oggi, se può dirsi paritaria by design (da un punto di vista tecnico siamo tutti nodi uguali della rete), ha fatto anche emergere tante reazioni d’odio, oltre che lacune da colmare. Per dirne una, la Wikipedia Foundation ha notato che sulla famosa enciclopedia collaborativa solo un articolo in inglese su cinque riguarda le donne. Una sottorappresentazione che include anche le persone non binarie, i membri della comunità LGBTQ+ e quelli del mondo non occidentale.
Sicuramente si può fare di più e già alcune aziende stanno lavorando in questa direzione.
L’anno scorso il World Economic Forum, insieme ad una serie di partner come Meta, Sony, Microsoft e LEGO ha annunciato un’iniziativa per “creare un metaverso etico e inclusivo”, un modo per studiare le migliori pratiche e indirizzare le aziende a percorrere la giusta strada.