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Walk the talk: la sustainability non è più un’opzione

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Ma è vero che una transazione in Bitcoin consuma energia come una famiglia americana in 6 settimane?

Mentre si accende il dibattito fra i sostenitori e i detrattori delle criptovalute ed Elon Musk sospende la possibilità di acquistare le Tesla in Bitcoin, osserviamo che il tema della sostenibilità è ormai passato al next level.

Se è vero che il dibattito sui cambiamenti climatici procede ormai da lustri, è sotto gli occhi di tutti come abbia progressivamente ed esponenzialmente allargato il suo scope.

Una timeline dell’agenda sostenibile

Dapprima si è assistito ad un lungo confronto politico economico sul climate change fatto di summit, tavole rotonde eforum economici mondiali in cui gli opinion leader erano per lo più filantropi, politici o perfino ex statisti di fama mondiale e in cui la tematica era affrontata in modalità one to many. Una sorta di priming stage della sostenibilità.

La pubblicazione dei 17 Sustainable Development Goals nel 2015 da parte delle Nazioni Unite ha proiettato il dibattito sulla sostenibilità in una fase decisamente più attiva: le aziende,a cominciare dalle grandi corporate multinazionali, hanno cominciato a definire programmi di CSR sempre più strutturati e a comunicarli in maniera più o meno esplicita attraverso i propri touch point di comunicazione.

Infine, il tema della sostenibilità è entrato a pieno titolo nella sua fase mass e social e le istanze ambientalistiche, insieme a quelle sull’inclusione, sono diventate parte integrante di un nuovo contratto di scambio fra le aziende e i loro clienti.

In questo contesto la recente esperienza del Covid ha agito da straordinario e planetario istigatore delle coscienze, portando ad una revisione in chiave critica degli impatti che la stessa accelerazione tecnologica e digitale indotta dalla pandemia porta in dote.

Quest’ultima svolta è stata chiave perché sta spingendo le aziende a prendere più seriamente in carico il tema della sustainability evitando di esporsi al rischio letale di ridurla a un mero esercizio di comunicazione.

Così le aziende hanno cominciato a mettere il Purpose davvero al centro delle proprie strategie industriali e di comunicazione. Questo passo è innanzitutto di forte urgenza perché comporta la necessità di costruire sistemi di governance, planning, measurement e reporting che prima non esistevano. Ed è inoltre di vitale necessità se si vuole evitare che gli impegni dichiarati dai brand risuonino come statement vuoti o, peggio, diventino dei micidiali boomerang per le aziende.

La industry della Comunicazione è chiamata a esporsi e ad agire

Questo chiama l’industry della Comunicazione ad esporsi in prima linea sui temi della sostenibilità sia in termini di impegno che di supporto ai clienti. Alla recente (nov 2021) conferenza delle Nazioni Unite sul Climate Change di Glasgow (COP26) WPP ha dichiarato l’obiettivo di diventare Net Zero Carbon Footprint in tutta la filiera entro il 2030.

La taskforce green di Wavemaker

In allineamento con questo obiettivo. Wavemaker ha creato Greenmakers, una taskforce globale sui temi della sustainability lavora con i seguenti obiettivi:

  • sviluppo di un sistema di stima delle emissioni prodotte da un Media plan e conseguenti azioni migliorative
  • acquisizione dati su emissioni dei media vendors della filiera e impatto sulle decisioni di acquisto
  • inserimento della sustainability della data strategy nei sistemi di auditing digital dei clienti
  • monitorng dell’allineamento ai “sustainability goals” dei clienti
  • diffusione delle best practice nei mercati

Misurare la carbon footprint di un sito web: la mission di Karma Metrix

Esistono certamente anche proposte diverse per la misurazione dell’impatto ambientale delle attività di un’azienda. Ad esempio, nell’ambito di una giornata dedicata ad incontrare delle start-up italiane, Wavemaker Italia ha recentemente incontrato Karma Metrix, una società che ha scelto di concentrarsi sulla misurazione dell’impronta di carbonio dei siti web sviluppando un proprio algoritmo intelligente di misurazione del carbon footprint di una property digitale. Questa scelta di focalizzazione è ben giustificata dalla considerazione che il web può essere considerato il 4° paese al mondo per emissioni di Co2 e vale già oggi il 3,7% del totale emissioni di CO2 su scala planetaria (vs 2% del traffico aereo ad esempio).

È il momento del walk the talk

Pare dunque evidente che l’associazione delle istanze ambientali all’industria (automotive in primis) o al settore dei trasporti non sia più attuale e che, anzi, Metaverso, NFT, Blockchain non faranno che produrre un incremento esponenziale dei livelli di attenzione sull’impatto ambientale prodotto dall’escalation tecnologica.

Per quanto sia evidente che non esistano ancora al momento attuale degli standard universali e riconosciuti per la misurazione e certificazione di tale impatto, tuttavia, questo tipo di valutazioni diventerà per i brand imprescindibile prova del proprio “walk the talk” verso i propri stake holder, in primis i clienti.

Il patto valoriale con i consumatori su cui si regge il successo dei brand una volta di più è segnato dall’evoluzione dell’ecosistema digitale.

Elon Musk, che fa un passo in dietro sui Bitcoin, lo ha già capito.

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Hai osservazioni o domande? Scrivi all’indirizzo email [email protected]

Francesco Riccadonna

General Manager

Wavemaker Italy

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