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Quattro trend che parlano dell’evoluzione del video

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Video Killed The Video Star: il formato video non muore, ma mai come in questi anni cambia forma: dalle piattaforme fluide ai contenuti di qualità, quattro trend che segneranno ciò che guarderemo.

Era il 1979 quando venne lanciata la canzone Video Killed The Radio Star, un manifesto che faceva riflettere sull’imminente diffusione di elettronica e video, che da lì a breve avrebbero cambiato il mondo della musica e dell’intrattenimento in generale. Non a caso, appena due anni dopo, il primo video trasmesso da MTV fu proprio quello dedicato a questa canzone.

Il video è uno dei trend dei prossimi anni, con 4 declinazioni

A distanza di oltre quarant’anni, i temi che ci troviamo ad affrontare sono praticamente gli stessi: all’elettronica si sostituiscono gli algoritmi, alla tv si affiancano i video da vedere su qualsiasi schermo, in qualsiasi luogo e momento. È per questo che tra i principali trend dei prossimi anni, la fruizione omnischermo del video è sicuramente un fenomeno che va osservato, capito, cavalcato. Il modo tradizionale di fare tv durerà ancora a lungo, ma sarà affiancato da quattro nuove tendenze video.

  1. Video Killed the Video Star: il video diventa fluido, le piattaforme perdono i loro confini e si contaminano a vicenda
    Siamo il quarto paese al mondo per fruizione video. Il primo in Europa. Nel 2019 lo streaming e l’on demand sono cresciuti del 33% rispetto al 2018. La televisione tradizionale ha ancora un peso straordinario, ma i canali stanno diventando virtualmente infiniti: dalle 7 reti degli anni 2000 siamo arrivati a oltre 360 canali digitali. Con 8,5 milioni di smart tv, di cui circa il 76% connesse, abbiamo già oggi accesso alle piattaforme on demand, a internet e YouTube, dove ogni minuto sono pubblicate 400 ore di video.Andiamo incontro a un mondo di sovrapposizione tra tv lineare e on demand e contaminazione sempre più spinta: nel 2019 abbiamo visto che la Rai, tv per eccellenza, ha proposto con Fiorello – personaggio televisivo per eccellenza – VivaRaiPlay!, uno spettacolo esclusivo visibile sull’app Rai Play.Al contrario, la piattaforma on demand più rinomata, Netflix, è uscita dai suoi confini digitali e ha colonizzato per un giorno Italia 1 in occasione del lancio di Stranger Things 3. 
  2. The war of 9,99€: sempre più piattaforme si contendono la nostra share of entertainment, a colpi di abbonamenti da 9,99€ l’uno
    La contaminazione tra le piattaforme e la grande offerta di contenuti sta generando movimenti straordinari: editori concorrenti che si alleano con offerte verticali (sport, film, eccetera), nuove piattaforme che nascono con contenuti esclusivi, utenti che cancellano il loro abbonamento al termine della loro serie preferita e ne attivano un altro sono solo alcuni esempi:– Disney+ negli Usa ha realizzato 10 mio utenti nel primo giorno di lancio: l’obiettivo atteso per tutto il 2020 era compreso tra gli 8 e i 16 milioni di abbonati;– Il 16% degli utenti di Hbo ha cancellato il proprio abbonamento al termine di Game Of Thrones.In questo scenario anche i creator, gli youtuber o gli editori nati online iniziano a chiedere ai loro fan e follower di contribuire alla realizzazione dei loro video, sottoscrivendo abbonamenti mensili o pagando per i video con visione riservata.– Patreon, negli Usa, raccoglie fondi in modalità crowdsourcing per finanziare cantanti, videomaker, artisti;

    – Vimove, in Italia, offre una partecipazione a chi finanzia un progetto creativo: quando il video monetizza, i guadagni vengono distribuiti non solo tra i creator, ma anche tra i partecipanti al funding.

    Assisteremo quindi sempre di più a offerte al costo medio di 9,99€ che obbligheranno gli utenti (che si stanno disabituando a vedere la pubblicità lineare) a scegliere tra le diverse offerte o a rinunciare ad altre spese per poter indirizzare i loro interessi video.

  3. Like-less video: la ricerca della visibilità attraverso contenuti di qualità
    Quando si parla di creator si atterra automaticamente all’interno del mondo social dove è il video, ancora una volta, a crescere in termini di diffusione. Video che però va pensato nativamente digitale: le stories, e in generale i contenuti, prevedono un punto di vista sempre più personale, originale, coinvolgente; non lo spot televisivo proposto tale e quale sui social, che è condannato a rimanere pressoché invisibile, a causa di un utente sempre più rapido nella scansione del suo feed.E allora, dopo che Instagram ha cancellato l’indicazione del totale dei like, l’attenzione degli utenti è tornata sui contenuti: che sia una Instagram story di una cena al ristorante o una di challenge TikTok con gli amici, vero fenomeno tra i più giovani, o ancora una review di prodotto su YouTube o una partita a un videogioco su Twitch, gli utenti ricercano (almeno) i loro 15 secondi di celebrità, quelli che ai tempi di Andy Warhol erano 15 minuti.Il dj Marshmello ha proposto un concerto all’interno di Fortnite, un videogioco gratuito che è diventato una vera e propria piattaforma social in stile Second Life.Google ha lanciato Stadia, piattaforma di gioco in streaming, svincolata quindi da hardware. È possibile a questo punto immaginare un futuro in cui chi guarderà un gioco (su YouTube) potrà anche prendervi parte, per un’esperienza senza alcuna interruzione.

Cosa ci attende per il 2020?

Un numero crescente di piattaforme con contenuti sempre più ibridi, collaborazione con editori e creator, contenuti sempre più coinvolgenti, risposte immediate a bisogni espliciti sono alcune dei temi che le aziende dovranno saper utilizzare nei prossimi anni, per costruire un rapporto sempre più stretto con i loro utenti e clienti.

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